mercoledì 15 novembre 2017

Respirare il dolore

I miei occhi si riempiono del mondo che tu non puoi vedere… 

…le mie orecchie ascoltano ciò che tu non puoi ascoltare… 
…respiro il mondo che tu non puoi assaporare… 

Poi ritorno da te e vorrei donarti tutto il mondo …che ti è stato sottratto …

I miei occhi si riempiono delle tue lacrime …
…e nel silenzio si svuotano della tua disperazione…
Le mie orecchie ascoltano la tua sofferenza … 
...mentre vorrei farti e ascoltare la gioia …

Respiro il dolore, lentamente …
...e quasi mi sento mancare …

Il tuo cuore stanco invade il mio … 
…e diventiamo una sola persona che percorre un lungo tunnel, 
mentre tiene insieme per mano la vita e la morte ….

Aprile 2011


12 Maggio 1993: una giornata come tante

Una giornata come tante, quattro ore di lezione, parlo con Adele, ridiamo, scherziamo, andiamo a prendere un caffè insieme. Poi una telefonata, a scuola raramente ricevo telefonate. E' Giulia, mi dice: "Tuo padre si è sentito male, è al pronto soccorso, forse trombosi, non si sa ancora. Torna.". Sono terrorizzata, sento che si tratta di qualcosa di grave, ho paura, sono confusa, piango. Adele mi accompagna in stazione. Il viaggio mi sembra interminabile, penso, non penso, non voglio pensare, vorrei fosse tutto un sogno.

Un momento fa ridevo, un momento fa pensavo a questo e a quello, ora sono smarrita, non riesco a ragionare, avrei voglia di sapere o forse preferirei non sapere. Il tempo non passa più; vorrei che Roberto fosse ad aspettarmi in stazione perché ho tanta paura, perché sto soffrendo.

Adesso lo vedo disteso su quel letto del pronto soccorso e quasi non lo riconosco. No, non è il mio papà, non può essere lui. Non riesco a reagire, ho paura di quello che mi sta accadendo, vorrei svegliarmi e scoprire di avere avuto un incubo. E invece è tutto vero. Ma che cosa ha? Guarirà! Deve guarire! Faranno qualcosa, lo staranno facendo. 

In questo posto è tutto così impersonale, tutto così estraneo. Trasferito in geriatria viene sottoposto a TAC diagnostica che rivela tutta la gravità dell’evento: si tratta di un'emorragia cerebrale; un vasto ematoma comprime una zona del cervello provocando l'emiplagia della parte sinistra del corpo. Ma guarirà? Deve guarire. Lo chiedo ai medici, lo chiedo disperatamente al mio amico Sergio. Nessuno sa darmi risposte, nessuno vuole illudermi, per ora la prognosi è riservata, ma una cosa è certa: le cellule cerebrali danneggiate non si rigenerano. Camminerà?..qualcuno deve dirmi che camminerà! Il silenzio attorno ai loro sguardi di compassione: è un miracolo che sia ancora vivo, è un miracolo se continuerà a vivere…

Poi ritorno da lui. Lo vedo così sofferente, ma sempre così tremendamente lucido, preoccupato per il pane che aveva comprato, per la borsa dei suoi documenti, per il suo 740. Non si rende bene conto della gravità, cerco di fargli coraggio, di mostrarmi allegra, ma è difficile, ho paura, ho tanta paura.

In ospedale respiro la solitudine, la sofferenza, la malattia; mi ritrovo a fare cose che non avrei mai pensato di dover fare.

Il vuoto è dentro di me. Chi sono? Cosa provo? Sono cambiata?

Penso male, reagisco male, non dico quello che penso, non penso quello che dico, non so dire quello che provo.
Penso con invidia ai papà che stanno bene, che camminano, che si muovono, che non soffrono. Vorrei essere al posto del mio papà, vorrei soffrire al posto suo.

La notte sogno che sta camminando, mi sveglio all’improvviso, non è vero, ho paura, piango.

Respirare il dolore

I miei occhi si riempiono del mondo che tu non puoi vedere…  …le mie orecchie ascoltano ciò che tu non puoi ascoltare…  …respiro il m...